Associazioni no profit: paradiso fiscale a km zero
- Posted by fabiomanc
- On 6 Febbraio 2018
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Le principali agevolazioni riservate alle associazioni senza finalità di lucro: la de-commercializzazione dei corrispettivi e la L.398/91.
Com’è noto, la normativa fiscale Italiana riconosce enormi semplificazioni e vantaggi fiscali alle associazioni senza scopo di lucroche hanno come finalità istituzionale lo svolgimento di alcune attività come sport, cultura, religione, promozione sociale ecc.
Un’associazione no-profit si costituisce con pochi e semplici adempimenti burocratici: è sufficiente la redazione scritta di uno statuto, anche come scrittura privata registrata, contenente tutte le clausole di cui all’art. 90 L. 289/2002, la successiva richiesta del codice fiscale e/o partita iva, l’invio del mod. E.A.S. e inoltre, per enti sportivi dilettantistici è necessaria l’affiliazione a federazioni o enti di promozione sportiva e l’iscrizione al registro nazionale del Coni.
Per definirsi “senza scopo di lucro” l’ente deve conseguire, in linea di principio, proventi da attività istituzionali (cioè quelle che attuano l’oggetto e gli scopi sociali) superiori a quelli derivanti da attività commerciali e dovrà osservare alcune norme, formali e sostanziali, perché il fisco non ne contesti la natura associativa.
Fra i tanti vantaggi riservati a queste categoria di contribuenti, quello più importante, è senza dubbio la c.d. “de-commercializzazione” dei corrispettivi e dei proventi “istituzionali” che si sostanzia nella irrilevanza I.v.a. e I.r.e.s. dei contributi dei soci, associati, partecipanti o tesserati, versati dagli stessi per ricevere i servizi previsti dall’oggetto sociale che rientrano fra quelli indicati dalla norma.
Ad esempio, il socio di una associazione sportiva senza fine di lucro che versa un corrispettivo per partecipare ad attività sportive (e quindi istituzionali) non dovrà pagare l’i.v.a. e l’associazione, in relazione al corrispettivo incassato, non avrà nessun obbligo di emettere scontrino-ricevuta, né tantomeno calcolare e versare le imposte, infatti:
Il corrispettivo pagato dal socio non è soggetto ad I.v.a. ex art. 4 comma 4 D.p.r. 633/72;
In corrispondenza del pagamento effettuato, l’Associazione non avrà alcun obbligo di emissione di scontrino fiscale /ricevuta.
L’importo incassato dall’associazione sarà completamente “esentasse” ex art. 148 T.u.i.r., in quanto appunto “de-commercializzato”;
Una tassazione estremamente vantaggiosa è prevista anche per i proventi commerciali e le sponsorizzazioni resi dalle associazioni, in particolar modo per quelle che hanno optato per il regime della legge 398/1991, (c.d. “regime forfetario”).
L’accesso a tale regime assicura, oltre ad importanti semplificazioni contabili e dichiarative, una detrazione “forfetaria” dell’iva con abbattimenti differenziati a seconda che si tratti di servizi commerciali, sponsorizzazioni o diritti nelle manifestazioni, nonché una tassazione I.r.e.s. quasi nulla, che si aggira, a conti fatti, attorno all’1%.
Inoltre, non concorrono a formare la base imponibile ai fini I.r.e.s., secondo le disposizioni della legge 133/99 (art. 25, comma 2, lett. a e b), nei limiti di due eventi l’anno e d’importo di euro 51.645,69:
proventi derivanti da attività di natura commerciale, connesse agli scopi istituzionali, purché legate ad una manifestazione sportiva;
proventi derivanti da raccolte pubbliche di fondi, come previsto dall’art. 143, comma 2-bis lett. a) del T.u.i.r., effettuate occasionalmente e in concomitanza di celebrazioni.
Come si può agevolmente dedurre, una volta assunto lo “status” di associazione senza finalità di lucro, l’ente entra a far parte di una cerchia di contribuenti indubbiamente privilegiati in un sistema in cui la pressione fiscale generale sulle imprese è fra le più alte del mondo.
In uno stato in cui chi svolge attività produttive, manifatturiere, commerciali, professionali o artigianali vede finire nelle casse del fisco quasi i 2/3 della propria ricchezza , il mondo del no profit attira sempre più “investitori”, e le attività sportive, culturali e di “promozione sociale” , da attività (giustamente) agevolate e incentivate, finiscono per rappresentare un vero paradiso fiscale alla portata di molti e a km zero.